Semogo è un paese strano e fuori dal tempo, compatto, preoccupato, preoccupante e contraddittorio.
C’è un associazionismo giovanile con potenzialità devastanti (nel senso positivo del termine), che vengono però in parte minate da rivalità, invidie, dissidi che vengono a mettere un po’ di pepe su quel piatto che, se le cose andassero troppo bene, sarebbe dolce, ma nauseante….
Quando cammini per le strade di Semogo e vedi i bambini al campetto vicino al cimitero o a camminare sulla statale mano nella mano ti sembra di vedere il suo paese confinante com’era negli anni ’80, con quello stile di vita più sano, solare e ingenuo.
Per chi non abita le coste Semogo è anche il paese di chi fa il bullo con la macchina, ritenuta strumento di libertà per qualcuno forse ancor più del proprio cervello… è il paese in cui ci sono tanti biondi con gli occhi azzurri slavati e le gote lentigginose, e quelli che sono mori spesso e volentieri si fanno quelle meches biondo paglia che più sono kitch e innaturali, più piacciono…
C’è una grande unione e sintonia apparente, in quel di Semogo, e in certi casi tale apparenza corrisponde a verità, ma qualche volta la sintonia è dipinta solamente su sorrisi forzati, mentre nelle viscere scorre un sangue un po’ marcio di chi ama la competizione e vuole apparire (non solo per caratteristiche esterne, fisiche, ma anche intellettuali, artistiche, conoscitive) migliore del suo vicino… Il Semoghino è un po’ il meridionale della Valdidentro, quando si distanzia da casa si affida tutto alla sua vivacità e al suo estro, ma poi, quando va a letto, continua a sognare la Cima Piazzi… Ciò nonostante è colonizzatore, ha mire espansionistiche (lo vedi spesso in giro la sera nei territori circostanti, per esempio il Niky pub quando è aperto è un vero e proprio protettorato semoghino), ma allo stesso tempo soffre se il vicino si comporta nella medesima maniera: è talmente inusuale vedere un cozzino a Semogo, che quando succede che un coz varca la soglia di un bar delle coste gli pare un po’ di stare ad Harlem, si sente le facce addosso di chi non parla, ma guarda con aria interrogativa e vagamente minacciosa, sicuramente inquietata, e pensa: “Cose al ghe fè chiè questo??”. E’ per questo che Semogo mi preoccupa: è molto autoreferente; i suoi abitanti parlano fin troppo di quello che succede al suo interno, ad esaltarsi per motivazioni non per forza gloriose, come a deprimersi o a giudicare per fatti non per forza gravi o irreparabili (ma forse questa è una tendenza un po’ comune a tutti i centri di piccole dimensioni… ma tale tendenza a Semogo si vede bene!). A me onestamente la cosa che mi lascia più perplesso di Semogo è che esiste una visione ormai standard, precostituita di un vivere morale da seguire… una sorta di politica dei buoni sentimenti che a mio parere rischia di omologare un po’ le persone ad un modello e ad un comportamento che forse non è proprio di qualcuno, e perciò certe persone, temendo un giudizio della piccola comunità, confondendo questo giudizio umano per un giudizio divino, cercano di accantonare un po’ la propria natura finendo col vivere la vita come un atto di sacrificio.
Sembra che io abbia descritto questo paese solamente nei suoi lati negativi, ma non è così… Ci sono persone simpaticissime, aperte, e molto interessanti, con idee e creatività notevoli, ma forse a volte queste persone si limitano da sole per PAURA… Scoprirsi potenti è sapere di essere anche un po’ a rischio, ingovernabili… In giro per Semogo ci sono tanti motori Porsche con la carrozzeria di una vecchia fiat 127…