Leggendo il dissertare pinkd-remaniano nel baraonda, i loro coinvolgimenti nella tristezza, e il loro perdersi, mi sono venute in mente riflessioni che faccio da quando possiedo una coscienza e che tornano con una periodicità piuttosto regolare. Ma col passare dei lustri questi miei pensieri hanno preso respiro, ampliandosi e portandomi ad un punto che non riesco a non condividere con voi tutti. Da sempre faccio fatica a vivere le sensazioni in maniera moderata, fluttuo come un vascello nel cuore della tempesta fra esaltazioni ed energie propositive e riflessioni cupe ed apocalittiche, e questo, apparentemente, senza nessun cambiamento di uno stato di fatto tangibile, reale, oggettivo… E quando me ne torno in una fase positiva di pensiero, mi chiedo “ma in quel momento, chi cazzo te l’ha fatto fare di ragionare in quel modo, che in confronto il nero è un colore solare, gioioso???”… La risposta può sembrare paradossale]sensation-master [/i](neologismo di cui mi addosso tutte le responsabilità). Quella è la nuova sfida, una sfida che ci è stata donata da millenni di tentativi di civilizzazione religiosa e laica: amare il dolore, sacrificare e sacrificarsi, perdonare e perdonarsi… Noi andiamo verso la tristezza o la tristezza ci viene a cercare??? Siamo luridi amanti, e non possiamo evitarci, perché ci attraiamo, in nome delle potenzialità infinite del pensiero. Quello che il nostro pensiero riesce a concepire vorremmo sperimentarlo tutto, perché neanche la paura di soffrire ci preserva dal provare, altrimenti perché, quando siamo infanti, davanti ad un film horror, ci copriamo il volto, ma tenendo le dita larghe, lasciando spiragli per guardare???
Con la mia tristezza ho imparato a convivere, anche se a volte molto difficoltosamente, perché quando mi sdraio sul letto del suo fiume, o quando esco dal fiume stesso mi permetto il lusso di tradirla, non essere fedele lì a contemplarne le acque o l’arenile, ma rivolgere lo sguardo verso il cielo, che può essere azzurro o grigio, ma è sempre ALTRO…
Amante della tristezza, non marito, perché l’adoro, mi affascina e mi sa catturare in quella maniera così coinvolgente, in quel suo abbraccio così erotico sotto quello scialle nero, ma non mi conquista mai definitivamente, perché non ho temuto di conoscerla, togliendole quel pizzico di mistero che l’avrebbe resa irresistibile ai miei sensi.
E sono chiuso fra due mura di gomma, elastiche, su una è scritto PIACERE, FELICITA’, GIOIA, +, e dirimpetto DISPIACERE, TRISTEZZA, DOLORE, -… E quando sono attratto dal secondo muro so solo una cosa: non posso star lì a strusciarmi, lascivo e pigro, ma lo voglio indagare con tutto il mio tatto, buttandomi addosso ad esso… e poi succede che l’elasticità della parete mi faccia rimbalzare verso il primo muro, godere di una contentezza che è vissuta perché non ricercata affannosamente, ma trovata rimbalzando….