... è sua madre, ma se era malata non si doveva neanche correre questo rischio: come fai ad affidare un bambino ad una persona malata magari di mente???!!!
Frizz, la questione non è affatto semplice: intanto quello non è “un bambino”, ma è “suo FIGLIO”. Il tuo è un ragionamento che si può fare solo a posteriori; ti lancio una domanda opposta alla tua: “Come fai a togliere un bambino (per affidarlo a chi, tra l’altro, con quali garanzie???) ad una persona che ha la sfortuna (non è una colpa) di essere malata???” Mi preoccupa molto di più l’idea dell’intervento di assistenti sociali che “sottraggono” figli a genitori naturali sulla base di giudizi non ottimamente calibrati.
E’ vero, qui stiamo ragionando sul caso tragico di una madre che uccide un figlio, ma guardando la questione da una prospettiva ampia, mi viene anche da pensare a tutti i genitori, e specialmente alle madri, che magari soffrono di qualche disagio, a cui il dono di un figlio ha permesso loro di dare più senso e salvare la propria vita e di valorizzare quella altrui attraverso l’espressione e l’esperienza di quella potenza travolgente che è l’amore.
Pensando al tema in generale, devo dire che come voi rimango attonito di fronte all’evento dell’omicidio, ma non sono particolarmente stupito che le vittime degli omicidi siano il più delle volte familiari: ricollegandomi alle parole di Sandrino, credo anch’io che le cose non succedano così improvvisamente; l’atto è improvviso e devastante, ma le ragioni dell’atto affondano le radici sempre in situazioni di disagio protratto e frustrante. E qual è la dimensione sociale in cui il senso di disagio viene vissuto, oltre che con più delusione, anche potenzialmente con maggior continuatività e senso di esasperazione? La FAMIGLIA.
Io, non ho mai avuto “istinti omicidi” verso persone che non riesco a stimare o con cui non condivido idee, opinioni, modi di condurre la vita… verso quelle persone nasce spontaneo una sorta di allontanamento naturale; è invece verso persone che ho avuto modo di apprezzare, stimare, provare affetto e passione che si può rivolgere la mia aggressività, perché il pensiero del “te coperesi!!!” o “me coperesi enca usta per liberem de ti!!!” sorge nel momento non del disaccordo, ma della DELUSIONE, del TRADIMENTO, che sono aspetti dell’interiorità che si vivono solamente nel momento in cui ci si sente profondamente legati e coinvolti nel rapporto con una persona, sia questo d’amore, d’amicizia, di parentela…
Sulla questione dei mezzi di comunicazione di massa, ho una visione piuttosto distante da quelle che ho letto fin’ora: sono sempre favorevole al diritto d’informazione, nella maniera che il giornalista o chi per esso (e ammetto che egli ha un potere potenzialmente enorme!!) ritiene opportuna; ritengo che sia un obbligo della famiglia, e chiaramente delle figure genitoriali in primis, quello di non rimanere inerti di fronte al potere televisivo o mediatico, ma di far valere la propria funzione critica e di allerta non attraverso la censura, ma con il dialogo, anche quando questo richiede sforzi enormi… troppo facile dare colpe alle tv, a internet, a certi generi musicali, se si mostra pigrizia e non un po’ di coraggio nel parlare e ascoltare i figli, i malati, gli anziani, i genitori…