A cercare di commentare questo topic sono preso da una sorta di…. FRENESIA! E’ come se sotto pelle serpeggiasse poderosa la volontà (per non dire necessità) di affrontare un tema così grande e tentacolare, ma c’è un pensiero intimo che mi fa capire di non essere all’altezza di trattare l’argomento, non io…
Il mio atteggiamento verso la contemplazione della Natura (se per Essa intendiamo i “tre regni”, animale, vegetale, minerale) è in gran parte da definire vergognoso: per me le montagne sono quasi sempre solo “crap”, non so quasi distinguere un pino da un larice, non ammiro il Sole, ma solamente i suoi benefici effetti sul mio umore, o meglio, percepisco i nefasti effetti del suo nascondersi nelle giornate in cui cirri purpurei e grigi la fanno da padroni… lì mi sento soffocare… Mi vergogno proprio e mi rattrista constatare che il tesoro ecologico di cui potrei disporre quotidianamente non mi penetra: stare in riva a un Lago montano non dà pace alle mie pene, raggiungere una vetta inesplorata, sentire con mano la sacralità di luoghi vergini, sconosciuti, non mi fa sentire più grande, né riesce a soddisfare il mio desiderio di ricerca di un senso ai miei respiri… E penso che la vergogna che provo verso me stesso sia un po’ frutto di questo viversi distante dall’animalità e ricercare perennemente significati e sensi a cose ed eventi che se hanno un senso sicuramente non sono lì per mostrarlo a me…
Feeling tra regni Vegetale, Minerale e Inos, quindi ZERO… ed io la spiegazione di questo distacco mi sforzo di trovarla (o meglio, di giustificarla) nella dipendenza assoluta del mio pensiero e delle mie energie da un sottogruppo del Regno Animale: GLI UOMINI. Non guardo cosa c’è in fondo al lago, ma provo a vedere cosa si trova in fondo agli occhi, non mi appoggio a tronchi solidi, ma cerco il contatto con i corpi, perché fiuto meglio il sangue della clorofilla, e i miei polpastrelli si sentono soddisfatti poco dal sentire cortecce, molto dal contatto epidermico… Io i miei paesaggi li trovo così, nell’incontro-scontro con le persone: lì dentro vedo praterie, radure, Oceani in tempesta, quartieri aridi con piccole Oasi, stalattiti di ghiaccio pronte a trafiggermi…
Solo a questa piccola parte dell’Universo riesco a porre attenzione, tutta l’attenzione, e così la mia azione vaga tra il piacere e l’ossessione. Tutto quel che profuma d’umanità mi prende e mi ingabbia e per questo vivo il timore di aver puntato tutto su quel cavallo, che non so se è poi così vincente… Sono drogato dell’Umano e come ogni dipendenza anche questa è tossica, sono sempre sul filo del rasoio, in balìa delle sue onde… non dò mai niente per scontato di questo Universo antropico, ma temo che l’attenzione naturale per l’Anima mi porti spesso a disboscarla, e con la caduta delle piante perdo anche i sentieri da esse tracciati… e mi perdo. E allora chiedo aiuto all’unica risorsa che mi viene in aiuto in questo caso, la parola, sperando che questa non riecheggi, ma si impreziosisca di tonalità diverse dalla mia voce, perché non è tanto il silenzio che mi spaventa, quanto il sentirmi, sentire la mia voce, in un vuoto... un vuoto FRENETICO!