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ARGOMENTO: Lavorare... per un tozzo di pane?

Lavorare... per un tozzo di pane? 13/04/2007 18:11 #12041

  • Harlan
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www.repubblica.it ha scritto:
Il contatto in strada a Milano, poi sui ponteggi per lavorare
dalle sette fino al tardo pomeriggio senza casco e protezioni

Tre euro l'ora per rischiare la vita
"Io, vittima dei caporali nei cantieri"
Abusi, ricatti e pericoli: al lavoro con i manovali irregolari
di PAOLO BERIZZI

A UN CERTO punto mi assale l'angoscia dell'infortunio, e non mi mollerà più. Paura di finire schiacciato sotto un blocco di tavole di ferro, quelle imbracate da una corda consunta che dal cortile vedo piombare giù dal settimo piano del ponteggio, e se perdi l'attimo, o ti distrai, o se una di quelle lastre che devi afferrare prima che tocchino terra si ribella alla morsa del moschettone, rimani sotto. Il terrore di venire travolto da una betoniera. Stritolato da un cavo d'acciaio. Che le braccia cedano, o semplicemente di scivolare dall'impalcatura dove mi fanno arrampicare anche se sono nuovo del mestiere.

Anche se calzo dei banali scarponi da montagna. Niente a che vedere con quelli antinfortunio, obbligatori. Non indosso nemmeno il casco. Un caporale, un calabrese duro e silenzioso, mi dice di tenerlo a portata di mano: "Magari arriva qualche ispettore, ma stai tranquillo, non ti guarda nemmeno". Lascio riposare il guscio in cima a una pila di assi di legno. Dovrò caricarle su un camion, assieme a quintali di altro materiale.

Da buon manovale bado solo a lavorare, a guadagnarmi, in nero, i miei 3 o 4 euro l'ora. Per dieci ore fanno 30-40 euro. Pagamento dopo 50 giorni. La prima settimana di prova, spesso, è gratis. Inizi in cantiere alle sette dal mattino, finisci, sfatto, alle cinque, sei del pomeriggio. Un massacro. Niente documenti, sicurezza zero. Alla fine del mese devi pure pagare la mazzetta: 300 euro al caporale che ti ha dato lavoro. Per mantenere il posto. A Milano, in una settimana da operaio abusivo, caporali e capomastri conoscono a malapena il mio nome. In un caso solo perché me lo chiede un collega marocchino.

Sulla trentina, magro, sdentato, quasi sempre alterato dall'alcol. Amil è uno dei pochi che in sette giorni si prenderà il disturbo di farmi coraggio. "Non è il massimo, ma è sempre meglio che rubare o spacciare", biascica in un italiano incerto mentre a bordo di un furgone raggiungiamo un cantiere alla periferia di Novara. Ne ho conosciuti tanti come Amil. Schiavi. Con loro ho condiviso e subìto il ricatto dei caporali. Gente spietata che nei cantieri della Lombardia spreme migliaia di braccia. In barba a ogni regola e a ogni diritto.

A Milano e provincia, dei 120 mila operai edili (il 42,3 per cento sono immigrati stranieri, nel 2000 erano solo il 7,1), 60 mila sono in nero: la metà. Tutti gestiti dai caporali. È manodopera fantasma, soprattutto straniera e clandestina. Ricattabile. Chi non è in regola col permesso di soggiorno, si deve accontentare. Fa cose da bestia, che gli italiani rifiutano. Sono albanesi, egiziani, marocchini, romeni, tunisini. E sudamericani. Italiani pochi: stanno quasi sempre in cima alla piramide. Impresari. O, appunto, mercanti di braccia.

Ti reclutano all'alba e ti scaricano nei cantieri dove rischi la vita per pochi spiccioli, e se ti fai male ti lasciano lì in strada. Mai visto, mai conosciuto. Nemmeno al pronto soccorso puoi andare. Altrimenti metti nei guai chi ti ha assunto. E perdi il posto. "Tra il manovale e il caporale c'è un rapporto esclusivo. Tu devi parlare solo con lui, non fare domande sul dove e il come e per conto di quale impresa dovrai lavorare - spiega Marco Di Girolamo, della Fillea, il sindacato edile della Cgil - a fine mese gli devi dare la mazzetta, da 200 a 300 euro. La consegna del denaro avviene a cielo aperto. Oppure, in base all'accordo tra ditte e caporalato, il pizzo è trattenuto alla fonte: fai 250 ore, e te ne pagano solo 200".

Il mercato degli uomini inizia quando il sole sta ancora sotto la linea dell'orizzonte. Alle 5 del mattino siamo già tutti qui, in piazzale Lotto. Schiavi e padroni. Chi cerca lavoro nero, e chi lo offre. I primi sciamano sul prato, aspettano seduti sulle panchine, sotto le pensiline degli autobus. I volti stropicciati dal sonno, zainetti e sporte di plastica con dentro il rancio: pane egiziano, formaggi cremosi da spalmare, riso, kebab in scatola, bibite dolciastre, molto gassate, birra, bocconi di carne speziata. Gli scarponi induriti dalla calce, i camicioni larghi di lana, gli invisibili dell'edilizia attendono l'arrivo dei caporali. Piazzale Lotto è uno dei luoghi dove tutte le mattine all'alba si svolge la contrattazione per una giornata di lavoro in cantiere.

Le altre filiali sono piazzale Corvetto, piazzale Maciacchini, piazzale Loreto, le fermate della metropolitana di Bisceglie, Famagosta, Inganni. La stazione Centrale, quella di Sesto Marelli. Per essere qui alle 5 centinaia di uomini scendono dal letto anche due ore prima. Sono giovani immigrati che l'inedia spinge a elemosinare un lavoro massacrante. Il contratto nazionale di categoria prevede 173 ore al mese, 8 ore al giorno per 5 giorni settimanali. I caporali te ne fanno fare in media 250, sabato compreso. Tutelato da niente e da nessuno.

Inserirsi nella filiera del caporalato non è difficile: bastano una modesta prova di recitazione, un paio di scarponi, jeans sdruciti, giubbotto e un cappellino con visiera. Ecco i primi gruppetti intorno all'edicola di piazzale Lotto. "Cerco lavoro, a chi posso chiedere?" Mi dirottano prima su un egiziano, poi su un marocchino, un albanese, infine un ucraino. Italiani, a quest'ora, neanche l'ombra. Arrivano più tardi, al volante di mezzi di ogni tipo. Utilitarie, station wagon, pick-up, monovolume. Vecchi e nuovi furgoni.

L'unico sveglio è l'autista. "Fino a un mese fa facevo il magazziniere, poi la ditta ha chiuso. Chi è il capo?": mi faccio coraggio fendendo un cerchio umano a due passi dalla fermata della 91. "Intanto vai da quello là con il giaccone nero". È un calabrese, sulla quarantina. Viene da Buccinasco. Lancia Ypsilon sporca di fango. "Da dove vieni?". "Bergamo. Però vivo qui, a Bonola". "Che cosa fai?" "Magazziniere, qualche trasloco, ma adesso sono fermo". "Edilizia, mai?" "Mai". "Oggi ti va bene, ho uno malato che è rimasto a casa. Però ti dico subito... Lavorare duro senza fare storie, la paga è di 3,50 euro all'ora, finiamo alle cinque, e se succede qualcosa, affari tuoi". Il contratto si chiude con una pacca sulle spalle.

Un'ora dopo siamo a Monza. Lo scheletro ponteggiato di una palazzina. Salvatore ci scarica lì. Sta incollato al telefonino. Controlla. "Un lavoratore regolare per l'impresa ha un costo di 22 euro l'ora. La metà rimane tra l'impresa appaltatrice e quella subappaltante. La parte restante la intasca il caporale - spiega ancora Di Girolamo - La quantità di evasione fiscale contributiva ammonta a 6 miliardi di euro all'anno". Una bella fetta di Finanziaria.

Nel cantiere monzese ci sono nove operai: cinque noi (due soli in regola), quattro di un'altra squadra. Mentre all'ultimo piano un giovanissimo muratore albanese getta il calcestruzzo nelle casseforme e un collega marocchino lo assesta con un pestello, io ne trasporto dell'altro. Prima con una carriola, poi in secchi stracolmi, facendo acrobazie tra i correnti del ponteggio. Un piano è sprovvisto di parapiedi.

Mancano anche le "mantovane", le barriere anti caduta sassi. Una pioggerella sottile ha reso scivolose le pedane d'acciaio e il rischio di cadere nel vuoto è altissimo. "Veloce! Veloce!", grida il caposquadra. Esige il minimo (per lui) rendimento. Che a me sembra l'impossibile. Alle 17, esausto, chiedo a Salvatore se per favore può anticiparmi la paga giornaliera. Lui temporeggia. Si capisce che la richiesta è inusuale. Eppure sono solo 35 euro, per dieci ore di lavoro. "Soldi? Fra 50 giorni - mi gela - nell'edilizia funziona così, bellooo!".

In Italia il settore edile dà lavoro a 1 milione e 200 mila operai. 600 mila sono regolari o mezzi regolari (in "grigio": su 250 ore mensili solo 80 vengono messe in busta paga); gli altri 600 mila sono in nero. Provo rabbia. Lo sfruttamento lo senti prima nella mente, poi nei muscoli. Vorresti scappare. Prima di scivolare da un'impalcatura e spaccarti la testa. Secondo le stime ufficiali Inail nel 2006 nei cantieri italiani sono morti 258 operai (la Lombardia conserva il triste primato con 46 vittime), il 35 per cento in più rispetto al 2005. Gli infortuni sono stati 98 mila. Ma il sommerso è enorme. I manovali clandestini, i "fantasmi", si fanno quasi sempre male in silenzio. Persino quando perdono la vita.

Ogni giorno della settimana, con il caporale prendo appuntamento per il giorno dopo. E puntualmente lo disattendo. Ricevo telefonate da altri a cui ho lasciato un numero di cellulare. "Allora ci vediamo domani alle 6 a Famagosta". "Porta guanti e tenaglia, alle 6.15 in piazzale Loreto". Lavoro ce n'è. Il secondo e il terzo giorno sono sotto un egiziano. Ponteggi. Cantiere tra Milano e Pavia. Freddo cane. Un collega tunisino, Aziz, è appena guarito dopo un ferita alla testa. "Mi hanno detto che se andavo in ospedale non dovevo farmi più vedere". Arriviamo in autobus in corso Lodi. Ci aspetta la monovolume del capo. Rashid, un marcantonio del Cairo. "Ti dò 3 euro, 4 se sei svelto.... " è la prima cosa che dice. Fino a qualche anno fa il caporalato edile era appannaggio esclusivo degli italiani. Oggi è diverso. Egiziani, albanesi, romeni stanno riproducendo tale e quale il meccanismo dello sfruttamento. Da schiavi sono diventati padroni.

Godono tutti di una sostanziale impunità. In Italia lo schiavismo sui cantieri non è (ancora) reato. Il 16 novembre scorso il Consiglio dei ministri ha presentato un disegno di legge, che ora dovrà essere discusso da Camera e Senato, che introduce il reato di caporalato.
A giudicare dall'esito delle due giornate di cottimo a Rashid credo di non essergli sembrato troppo svelto. Non mi paga, se voglio continuare, lo farà, pure lui, tra cinquanta giorni.

Eppure la mia parte l'ho fatta. Tre piani di ponteggio smontati. Tra cavalletti, tavole, botole, correnti di ogni foggia e dimensione, sono in tre, lassù, in cima all'edificio. Sgobbano come muli. Mi fanno scivolare giù la roba con corde e carrucole. A ritmo incessante. Il tempo di sganciare il materiale dall'imbracatura, impilarlo sul camion, e altro carico precipita dai piani alti. "Così non va", mi rimprovera il capo squadra, anche lui egiziano. Sa che sono un novizio. "Vai su, sgancia quei correnti e passali a lui". 17 anni, boliviano, le guance segnate dalla prima peluria. Niente casco, niente guanti. A quest'ora dovrebbe essere a scuola, invece è qui a giocarsi la vita per 40 euro. Non fiata, esegue.

A mezzogiorno consumiamo un pranzo frugale dentro una baracca di lamiere. Riscaldata, per fortuna, da una stufa elettrica. Una bottiglia d'acqua passa di bocca in bocca. Poi ognuno addenta il suo rancio. "Un mese fa - racconta Aziz - mi è caduto un corrente del ponteggio sulla testa, sono sceso dal ponteggio tutto insanguinato. Ha visto anche la gente del palazzo. Adesso sto bene", sorride.

Mezz'ora e siamo di nuovo con la schiena piegata sulle passatoie di ferro. Sono le quattro del pomeriggio, ho già la mente all'alba del giorno dopo. Altro sfruttatore, altro viaggio, altro sudore, altri soldi che non vedrò mai. Altri clandestini che si spaccano le braccia per ingrossare il conto corrente dei caporali e delle imprese lombarde che vogliono tutto, e subito. Calpesterò fango a Lissone, a Novara, infine in quella valle Seriana nella bergamasca dove un tempo l'edilizia era considerata un'eccellenza. Tutto sarà uguale al primo giorno di lavoro. Anzi peggio.

L'edilizia, oggi, è diventata terra di predoni e di oppressi ridotti in cattività. A volte lasciati morire in silenzio. Come scrive Andrea Camilleri ne "La Vampa d'agosto". "... è caduto dall'impalcatura del terzo piano... Alla fine del lavoro non si è visto, perciò hanno pensato che se n'era già andato via. Ce ne siamo accorti il lunedì, quando il cantiere ha ripreso il lavoro... Forse, pensò Montalbano, abbisognerebbe fari un gran monumento, come il Vittoriano a Roma dedicato al Milite Ignoto, in memoria dei lavoratori clandestini ignorati morti sul lavoro per un tozzo di pane".
Ci capita spesso di lamentarci di quanto siamo oberati dai limiti e dai vincoli delle nostre professioni (controlli, regole, limiti)... ma davvero anche qui da noi c'è gente che sta davvero peggio... e gente ancor più spietata che ci lucra sopra... qui, a "casa nostra", come direbbe qualcuno, in quello che è considerato il vero motore dell'italia economica... se è un motore per questo motivo, io ne faccio volentieri a meno... voi cosa ne pensate? A me sembra che l'edilizia sia davvero un ambito nel quale trovare una gallina da spennare in diversi modi... (non sto parlando di quello che succede da noi, sia chiaro...)
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Lavorare... per un tozzo di pane? 13/04/2007 18:37 #12052

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Leggi questo stralcio e senti la glottide chiudersi... cerchi di respirare più lentamente e profondamente ma... niente.
Difficilmente esiste o esisterà un codice etico che regolamenti le prestazioni d'opera sui luoghi di lavoro (non solo quelli dell'edilizia...).
Il problema è che mi pare di vedere una catena d'acciaio, con maglie grosse ed arrugginite, in mezzo al vortice... se ti prende vai giù e ti stritola...
INSOPPORTABILE!!!
Marcet sine adversario virtus
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Lavorare... per un tozzo di pane? 13/04/2007 21:46 #12082

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  • Giacomo Sosio
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Intanto Harlan,non credo che sia solo un problema legato all'edilizia,forse in questo ambito è piu vistoso perchè comporta rischi maggiori per l'integrità fisica,ma lo sfruttamento sul lavoro penso sia un fenomeno tanto diffuso quanto deprecabile,pensiamo a tutte le persone che lavorano in modo sommerso nel comparto manufatturiero o agricolo.
Situazioni che sembrano essere a conoscenza di tutti,ma dove pochi fanno qualcosa.Mi chiedo dove sono tutti quegli organi dello stato e non,che sono deputati al controllo di queste situazioni.Da noi si prendono le multe perchè di fronte all'ispettore del lavoro di turno,non si ricorda la data di assunzione,e non è un modo di dire,è successso realmente,quando in molte altre parti d'Italia esistono interi cantieri,o interi laboratori o lughi diversi di lavoro che addirittura sono sconosciuti e occultati a tutto e a tutti.
Penso tra l'altro che queste situazioni siano in buona parte figlie di un immigrazione fuori controllo,la quasi totalità delle persone cinvolte sono stranieri,e di un permissivismo e buonismo esasperato.
Io per non essere frainteso sono tra quelli che pensano che sarebbe meglio aiutare chi ha necessità a "casa loro",cercando di offrire delle opportunita,per uno sviluppo,probabilmente piu lungo e faticoso,ma che eviterebbe la migrazione di tutte queste persone che in buona parte ,appunto ,finiscono sfruttate da esseri senza scrupoli,tra l'altro in molti casi connazionali loro,e non vedono ripagate le loro aspettative per una vita migliore,credo per molti oltre a persistere lo stato di povertà,se ne aggiunga uno molto peggiore,la schiavitù.
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Lavorare... per un tozzo di pane? 13/04/2007 23:08 #12085

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E' un argomento per il quale non riesco sempre ad avere le idee chiare...

Tanti sono coloro che chiedono ospitalità al nostro paese, accettare, accogliere ed aiutare chi è in difficoltà e chiede aiuto è sacrosanto e doveroso.

A volte però il rischio è quello di accogliere e poi di abbandonare, di illudere e poi tradire.... ecco che allora scatta la trappola di chi, si trova per poter vivere, ad alimentare situazioni di delinquenza o di non rispetto delle leggi.... Ma i primi resposabili sono tutti coloro che vedono in questa disperazione, "solo materiale umano" (questa è la triste constatazione) da reclutare ed usare per creare altra disperazione. (prostituzione, schiavitù, delinquenza, .....)
Ma anche noi tutti siamo responsabili di questo.... giustamente "sandrino" si chiede perchè gli organi ed enti preposti non intervengono in maniera esaustiva nei confronti di situazioni che sono palesi, alla luce del giorno, a volte facilmente individuabili.... chi ci rappresenta nei grandi palazzi dovrebbe fare veramente un passo indietro ed affrontare veramente queste situazioni di ingiustizia e di grande miseria.... ma quando si è troppo impegnati a pensare al benessere di chi è ormai troppo abituato a viverlo, il tempo per i disperati diventa perso ed inutile a meno che, grazie alla loro disperazione, si possa trarne un GUADAGNO........ che fetta di mondo triste e infelice.... :cry:
Un viaggio di mille miglia deve cominciare con un solo passo.
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Lavorare... per un tozzo di pane? 14/04/2007 14:32 #12134

  • Manu78
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Ho appena letto l'articolo e é tutto molto triste...fa proprio pensare che c'é un mondo di gente invisibile, che in un paese non da terzo mondo vive ridotta quasi in schiavitù...E' una vergogna, uno scandalo, pensare che nel 2007 c'é chi ogni giorno, per guadagnare pochi spiccioli, rischia la vita..sono d'accordo con chi dice che le leggi sull'immigrazione dovrebbero essere più severe, che nn si può dare la speranza di arrivare in Italia a stare bene, o comunque meglio che a casa propria, e poi ci si trova costretti a spaccarsi la schiena per due soldi o a prendere la strada della malavita..
Il segreto per essere felici é accontentarsi di ciò che si ha.
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Lavorare... per un tozzo di pane? 14/04/2007 15:41 #12146

  • Cassandra
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Forse rischio di andare fuori topic, ma vorrei solo dire a chi dice: chiudiamo le frontiere.
Stiamo attenti a non girare solo il viso dall'altra parte perchè vogliamo vivere bene da soli nel nostro posticino al sole. Chi parte per un paese lontano in cerca di fortuna forse non ha alternative, insegue solo una piccola speranza per una vita un pochino più decente e dignitosa.
In Italia i numeri degli immigrati sono molto inferiori rispetto a molti dei paesi occidentali. Non voglio dire che il problema non sussiste, ma non fa mai male ricordare che all'inizio del Novecento eravamo noi a partire per le Americhe con solo 2 paia di mutande e una valigia legata con lo spago, e nemmeno con la sicurezza che non ci rimandassero indietro.
Credo che anche la libertà di muoversi in questo mondo sempre più piccolo sia un diritto di tutti
..su e giù nel tentativo di trovare un per sempre..
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Lavorare... per un tozzo di pane? 14/04/2007 15:53 #12148

  • Manu78
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Cassandra ma tu hai pienamente ragione! Quello che volevo dire io, che poi é quello che diceva Janez, é che nn é giusto aprire le frontiere e poi pagare 3 euro per un'ora di duro lavoro a questa povera gente...a casa mia, quando escono questi discorsi, io davvero sono la prima a difendere chi purtroppo per mantenere una famiglia deve prendere e andare...a Livigno, nel nostro piccolo, queste cose succedono, io sono tre anni che lavoro con ragazze axtracomunitarie che a casa (in Romania, Ukraina o Marocco) mandano i soldi per mantenere chi i figli, chi i genitori...lavorano più di noi che nn vogliamo più piegare la schiena e nn si concedono un caffé, e, credetemi, sono persone stupende, sempre disponibili e pronte al sacrificio.
Forse siamo proprio fuori topic ma sostengo quello che ha detto Cassandra, a tutti deve essere data una possibilità.
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Lavorare... per un tozzo di pane? 14/04/2007 16:02 #12151

  • Harlan
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Alla fine il topic era aperto per chiedere cosa ne pensaste... perciò non credo sia off-topic!!
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